Madri, Veneri e Dee

Bentrovate e bentrovati…

Se la prima riflessione sulle origini dell’arte è stata individuare i primi oggetti prodotti dagli esseri umani per unire: gesto, funzione, materiale ed espressione individuale, sempre dalla Preistoria, risalgono delle forme d’arte che stabiliscono una correlazione tra necessità e creazione, molte volte spingendosi in una dimensione più astratta, riferendosi ad esempio al bisogno di sopravvivenza e continuità del gruppo.

Che cosa può assolvere a tale importante compito?

Qualcosa che disponeva a prefigurare e poi a vedere quell’obiettivo realizzato.

L’arte sentita come spazio delle possibilità.

 

 

Sono state al principio proprio le pitture rupestri, che rappresentavano all’interno delle grotte una grande varietà di prede e scene di caccia andate a buon fine, a generare quell’attitudine a stabilire un nesso causale tra bisogno, immaginazione e realtà.

Alle necessità di nutrimento per garantire la sopravvivenza del gruppo, si univano anche le intenzioni di continuità davanti alla morte del singolo, per mantenere un equilibrio tra chi moriva e chi nasceva.

In epoche antiche, i processi biologici che concorrono al concepimento di nuovi esseri non si conoscevano o non erano rilevanti. La donna rappresentava colei che generava la vita umana a partire da se stessa.

Molte sculture e statuette che rappresentano figure femminili sono state ritrovate in tutto il mondo sin dalle epoche più antiche.

Sono state chiamate Veneri.

 

Disegno di tre sculture femminili risalenti al Paleolitico Sup. ritrovate in Austria e Francia.

 

Non hanno ancora un’identità specifica ma rappresentano il fulcro di un insieme di miti e riti che sono all’origine delle prime forme di religione.

 

Disegno della Venere di Savignano, ritrovata in Italia e databile a circa 30.000 anni fa.

 

Il legame tra madre e figli è naturale mentre meno evidente è quello con il padre. Per questo le prime discendenze e forme di trasmissione erano per via matrilineare. Le donne si aiutavano nel crescere la prole, nell’organizzare le attività collettive e condividevano i saperi e le conoscenze.

Non è un caso che intorno al culto della Grande Madre, antenata di tutte le madri, si siano strutturate le prime forme di civiltà.

Nei villaggi neolitici sorti intorno ai fiumi in Mesopotamia, nella valle dell’Indo, nell’isola di Creta e nell’area del Mediterraneo, la divinità suprema era femminile poiché considerata all’origine di tutta la vita e da cui dipendeva il rinnovamento della natura.

Alle donne si attribuivano anche importanti invenzioni come l’agricoltura, la scrittura, il calcolo matematico e la medicina che si rispecchiano nella mitologia greca, egizia e sumera nelle figure delle divinità Demetra, Iside e Ishtar.

 

 

Tutti gli esseri umani nascono dal ventre di una donna e il momento del parto è una situazione di pericolo che può portare alla morte della madre e della piccola creatura che porta con sé.

Da questo bisogno, hanno risposto dei rituali e degli oggetti che veicolassero un’intenzione collettiva di proteggere l’equilibrio del mondo, diventando oggetti sacri e di potere magico.

 

Disegno da statuetta di antenata proveniente dall’Isola di Pasqua, conservata al Museo delle Civiltà, in cui è rappresentata una donna accovacciata, nell’atto di partorire un bambino in posizione podalica.

 

Per la nascita del mio terzo figlio, ho immaginato di realizzare un oggetto che mi aiutasse a partorire in maniera naturale.

Ho scelto di farlo nascere in casa, circondato da tutta la famiglia. Ho creato con l’argilla una donna, rilassata, con il capo rivolto all’indietro, la pancia protesa verso il futuro.

 

 

Nel realizzarla, mi sono concentrata sugli aspetti tattili, dando importanza alle sensazioni di abbandono che mi trasmetteva. Ho posto le braccia ai lati del corpo, come manici di un’anfora per afferrarla in caso di smarrimento.

 

 

Ho pensato poi ad un momento della gravidanza in cui mi trovavo in uno stato di benessere: al mare, nel momento del tramonto. Avevo metà corpo immerso in un liquido blu, fresco e rigenerante mentre l’altra parte era inondata di luce rossa, calda e potente. Questa unione di elementi e sensazioni è stata trasferita nella mia scultura con l’utilizzo degli smalti per ceramica.

Ho realizzato altre due statuette, una per metà blu e l’altra metà rossa per le mie due ostetriche, una più dominata dall’elemento fuoco e l’altra dall’acqua.

 

 

La mia scultura ha vissuto con me un’esperienza straordinaria ed è testimone del miracolo della nascita di mio figlio.

Immagino altri oggetti come questo, realizzati ed usati da altre donne, strumenti adatti a canalizzare e custodire le energie di tante madri. Ripenso a tutte le nascite del mondo, ai nuovi respiri che sono stati generati e alle emozioni intorno a questi eventi.

Non so dire se questi oggetti diventino davvero magici o rendano semplicemente le donne più forti perché le aiutano ad essere più consapevoli e quindi centrate.

So solo che  siamo abili a creare cose che ci fanno vivere meglio.

Le storie  passate e presenti intorno a noi ci indicano le tante possibilità che abbiamo.

 

 

Grazie e buon soledì!

 

Letture consigliate: Marija Gimbutas, Il linguaggio della Dea (1989).
Ascolto: Mo’ Kalamity feat. Sly & Robbie, Strength of a Woman (2018).

 

Disegni, foto e opere di Daniela Bordoni.

 

2 commenti

  1. Grazie Dani per il maravigloso raconto della storia delle nostre divinità femminile, ma soprattutto grazie per condividere la tua forma di onorare le divinità ancora nei tempi di oggi, portando in forma di arte la dea che vive dentro di noi e che quando abbiamo bisogno possiamo contattarla.

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